Passa ai contenuti principali

Luigi...una lettera dal cuore

Quel giorno tornò a casa dopo aver svolto alcune commissioni, aveva fatto la spesa, era stata a far visita al cimitero e si era terribilmente immalinconita a vedere le foto dei suoi genitori, esistenze racchiuse in immagini sfocate, con sole due date a testimoniare quello che erano stati, per troppo poco.

Le venne in mente quella vecchia canzone di Guccini che tanto le piaceva “siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno...”; le foto obbligano a essere decifrate e talvolta equivocano il messaggio si disse, non rappresentano a pieno il momento che hanno sancito sia per i protagonisti che per coloro che le vedono.

La vita le sembrò ingiusta, tutti gli sforzi, le emozioni, le idee sparite nel nulla, solo qualche ricordo, soggetto a sbiadire anche da parte degli affetti più autentici. Invidiava coloro che per meriti, ma anche demeriti passano alla storia, diventano immortali, hanno strade e piazze intitolate, sono oggetto di citazioni, e di tutta quell'umanità senza voce, che pure modifica il corso della storia niente, non resta niente.

Si avvicinò alla cassetta della posta e ritirò un enorme quantità di buste, diede un'occhiata veloce, bollette, pubblicità, ma rimase attratta da quella busta verdognola di cui non capiva né la provenienza né il contenuto. Affrettò il passo desiderosa di verificarne il contenuto.
Entrata in casa aprì frettolosamente la busta, si sedette e lesse:

“Cara amica, da tempo volevo scriverti ma le giornate volano così in fretta che non sono riuscito a farlo prima, ho avuto periodi difficili per usare un eufemismo, difficili in tutti i sensi, ora mi trovo in ospedale, sono stato ricoverato per una colica renale, dolorosissima a dire il vero, ma sono sopraggiunte alcune complicazioni e non sono ancora stato dimesso.

Avrei tanto desiderio di rivederti, se hai tempo e voglia vieni a trovarmi, sono convinto che la tua
presenza, e in special modo il tuo sorriso,avranno un effetto benefico su di me più di tanti medicinali.
Ho tante cose da raccontarti!
Ti aspetto
Luigi”

Lesse più volte quella lettera, ne era rimasta inspiegabilmente turbata, qualcosa di spiacevole si era  insinuato nella sua vita così monotona per certi versi e senza sorprese degne di nota. Quelle poche righe scritte con tono amichevole, ma formale fecero riaffiorare sentimenti cancellati con cura ed impegno da molto tempo. Cercò di fare altro, mise a posto la spesa, cucinò, apparecchiò, ma il volto di Luigi era sempre presente e le faceva battere il cuore.
L' aveva conosciuto molti anni prima, forse addirittura una ventina, si ricordava esattamente la prima volta che l'aveva visto, in quel periodo portava la barba, una barba non curata che gli copriva gran parte del viso, le gambe magre, asciutte, ma dinoccolate, camminava con una andatura particolare, ondeggiante, i denti storti, i capelli dritti, ma emanava un fascino prepotente.

Non sapeva spiegarsi il motivo, ma l'emozione che provò nel vederlo fu sconcertante, se ne sentì  irrimediabilmente attratta, anche se l'immagine non era accogliente, lo sguardo sembrava severo a primo acchito, ma guardandolo attentamente, gli occhi castani, acquosi, lasciavano trasparire sensibilità e bontà d'animo. Almeno lei lesse così il suo aspetto e se ne innamorò immediatamente.

Forse non aveva rimpianti di come erano andate le cose o forse si, non sapeva decidersi.
Quel primo incontro fu puramente casuale, ma quelli avvenuti subito dopo furono voluti e fece di tutto perché si avverassero grazie alla complicità di alcuni amici.
Decise di farsi un bel caffè per trovare energia, prese il suo pc e avvertì una strana eccitazione, piacevole, come uno zefiro lungo la schiena, ecco quello che era il momento e il tema giusto per raccontare e raccontarsi.

Dopo quell'incontro epifanico ogni sera prima di addormentarsi rivedeva il volto di quel ragazzo, sentiva un languore inspiegabile nello stomaco e un desiderio irrefrenabile di baciarlo ed accarezzargli il viso. Passarono diversi giorni prima che potesse rivederlo, scambiarono poche parole, lei aveva un libro in mano e lui commentò qualcosa in proposito, era appassionato di fotografia e leggeva soprattutto manuali e saggi di fotografia. 

Il suo sogno era di fare il fotoreporter, raccontare gli avvenimenti attraverso immagini.
La sua camera era tappezzata dalle foto dei più grandi professionisti, Capa era il suo prediletto, aveva da capo a letto la celebre foto del miliziano spagnolo colpito a morte. Fantasticava sul suo futuro. Diplomato geometra la famiglia aveva già pianificato il suo futuro. Il padre aveva uno studio tecnico avviato e dava per scontato il suo ingresso,  collaborava con varie amministrazioni comunali e aveva al suo attivo anche la realizzazione di importanti interventi edilizi.


Quel giorno Luigi l'aveva fatta passare in casa perché doveva andare in bagno e a prendere dei documenti. Dopo un attimo fece ingresso il padre, un uomo alto, robusto, dal portamento austero. 
A  pelle non le suscitò alcuna simpatia, se ne sentì intimidita, a disagio.
Ebbe da subito la certezza, poi la conferma, di non aver nascosto i suoi sentimenti, ma l'uomo non fece niente per farla sentire accettata, anzi sembrava quasi compiacersi dell'imbarazzo che le suscitava quasi fosse un punto a suo favore, un'insensata vanagloria. Questo modo di porsi accentuò la sua antipatia e nonostante gli inesorabili cambiamenti il rapporto fu suggellato definitivamente da tale consapevolezza.

Che progetti ha questa ragazza? Le chiese un giorno.
 Spesso le si rivolgeva in terza persona, roba da matti si diceva lei sorridendo tra sè.
Le illustrò brevemente gli studi intrapresi, i sogni e le aspettative che nutriva per il futuro, humm fu la risposta, alla quale non seguì alcun commento, ma quel grugnito equivaleva a dubbi e non approvazione, infine la guardò con un occhi ironici, penetranti seguiti da un impercettibile sorriso che non seppe decifrare.

La madre di Luigi invece era una donna insignificante, piccola di statura, robusta, diceva sempre le stesse cose, dispensatrice di cibo si preoccupava esclusivamente che i familiari avessero bevuto e mangiato a sufficienza. Niente sembrava scalfirla, se le rispondevano male o la ignoravano lei continuava imperterrita le sue attività, e a distanza di poco tempo riproponeva le stesse cose come un disco rotto. Nonostante tutto le piaceva la casa di Luigi, c'era qualcosa di indefinibile che l'attraeva, pochi elementi di arredo, assemblati senza gusto e senza passione, la pulizia poi lasciava molto a desiderare. La sua casa, per carità altrettanto modesta, era tenuta benissimo, mobili e pavimenti perfettamente lavati e igienizzati,ma non aveva il fascino di quella di Luigi.

Le abitudini alimentari, come ebbe modo di constatare erano molto diverse dalle sue, così come il modo di interagire dei vari componenti, ma nonostante tutto quella casa brutta e polverosa le piaceva, la percepiva accogliente, sentiva il calore di quello che pensava dovesse rappresentare il concetto di casa.

Luigi invece non aveva le stesse percezioni, si era ritagliato uno spazio tutto suo nella cantina, computer, televisione, telefono e tantissime macchine fotografiche, anche una piccola camera oscura da tempo ormai inutilizzata. Quando stavano insieme parlavano di tante cose, di politica, del modello di società che avrebbero voluto, dell'eliminazione di tante ingiustizie e diseguaglianze. Quello che maggiormente non riuscivano ad accettare erano i compensi destinati a personaggi dello spettacolo, attori, cantanti, sportivi. Nel parlare si accaloravano, specialmente lei, Silvia, vedeva in un nuovo movimento politico di recente formazione la speranza di un possibile cambiamento. Luigi invece, nonostante la giovane età era disilluso, non aveva fiducia nel genere umano e nessuna intenzione di aderire a partiti o movimenti, era concentrato soprattutto su di sè, sul suo futuro e cercava di canalizzare tutte le sue energie nella futura e desiderata attività professionale.

Questo atteggiamento provocava nella ragazza un malessere, si sentiva poco considerata e amata, al  primo posto c'erano i suoi desideri, i progetti e le se ne sentiva esclusa. Qualche volta aveva avuto la forza di dirglielo, così, ridendo, per non fare un vero e proprio atto di j'accuse, ma quanto timidamente detto lo aveva infastidito, aveva respinto come infantile il suo atteggiamento facendola sentire piccola e meschina. Dopo quell'episodio non lo cercò per diversi giorni, guardava continuamente il telefono nel timore che la suoneria nello spolverarlo fosse stata abbassata, allora cercando di non farsi vedere girava la rotellina, prima in un senso poi nell'altro per avere la conferma che fosse a posto.

Dopo una settimana di silenzio provò a chiamarlo, rispose il padre dicendo che Luigi era andato a Roma a un convegno di aspiranti fotografi, come non lo sapeva?, sarebbe rientrato domenica sera, con il treno delle 20,00, perché lei non era andata?

Cercò di eludere le domande sicura che il padre avesse perfettamente capito che avevano litigato o  peggio ancora si erano lasciati, d'altronde era un po di tempo che non andava a casa sua.
Il dolore che provò fu indescrivibile, si chiuse in bagno e pianse fino all'ultima lacrima, che sgarbo, che offesa, non riusciva a capacitarsi, che atteggiamento, come aveva potuto andar via senza avvisarla, allora non era niente per lui?.
Era talmente disperata che si confidò con sua madre, si sentì compresa, coccolata, il poter parlare a cuore aperto aveva sempre avuto su lei un effetto benefico, per questo erano nati i confessionali si diceva, parlare, raccontarsi senza censure non solo le dava un immediato sollievo, ma aveva il potere di ridimensionare il problema, l'angoscia si riduceva, come un palloncino di gomma, lo buchi e pian piano si svuota.

Sua madre, donna intelligente e di straordinario acume, aveva vissuto e viveva un rapporto di coppia difficile e insoddisfacente, ma aveva saputo mantenere il sorriso e la disponibilità all'ascolto, su lei  esercitava un potere magico, diceva le cose giuste al momento giusto e usciva da quei confronti  alleggerita, tutto improvvisamente le sembrava risolvibile.
Luigi, che gioia pronunciarne il nome, non le piaceva in modo assoluto , ma sillabarlo si, la lingua si alza per la elle e la u, tocca il palato, poi la bocca si allarga dolcemente sulla i e infine si scioglie sulle ultime lettere gi e i.
L'adorava, soffriva per i suoi modi bruschi, per le continue disattenzioni, ma quando le si avvicinava, le sorrideva, dimenticava tutto. Quell'episodio la segnò profondamente nell'anima, non poteva perdonarlo si disse, non doveva passarla liscia.

A distanza di giorni, si sentiva svuotata come un sacco, faceva fatica a studiare, a svolgere qualsiasi attività, in famiglia cercavano di affidarle commissioni di vario tipo per distrarla, quella mattina era dovuta andare alla posta a pagare alcuni bollettini, all'uscita si sentì chiamare “silvia, ehi silvia”, si voltò alla ricerca della voce e vide la mamma di Luigi. All'inizio stentò a riconoscerla, il volto sorridente, come illuminato, i capelli in ordine, indossava un abito grigio di deliziosa fattura, insomma si sarebbe detta una bella donna di mezza età.

“Silvia come stai? Ti vedo pallida, non sei tornata a trovarci, come mai? Mi sei mancata sai, Luigi è  ancora fuori, ma potevi venire lo stesso, mi fa piacere la tua presenza.
La donna continuava a chiacchierare, sembrava un'altra persona rispetto a quella che si muoveva in casa, forse la presenza del marito e del figlio inibivano la sua socievolezza, raccontava di episodi successi, sorrideva, poi d'un tratto la invitò per vedere le foto che aveva mandato il figlio, insistette così tanto che non poté farne a meno.

Rientrare in quell'abitazione seppur non fosse passato tanto tempo la emozionò, vide il giaccone verde di Luigi appoggiato sulla poltrona, i suoi occhiali da sole, provò così nostalgia che la sua assenza le sembrò definitiva.

Ada le offrì un buon caffè poi prese le foto ricevute e compiacendosi della bravura del figlio le esibì una per volta, quando squillò il telefono e si allontanò Silvia curiosò sulla scrivania alla ricerca di non sapeva cosa, ad un tratto fu colpita da una lettera di Luigi indirizzata al suo amico del cuore, momentaneamente all'estero per un master, sapeva di violare la sua intimità, ma la curiosità ebbe il sopravvento. 

La lettera era breve, chiedeva notizie all'amico su come si trovava, se l'esperienza era positiva come supponeva, poi iniziava a parlare di sè, dei progetti imminenti, ad un certo punto vide il suo nome, sai con Silvia le cose non vanno troppo bene, è una cara ragazza e credo di esserne innamorato, ma è troppo esigente, possessiva, frena le mie pulsioni, mi sembra di essere un cavallo con le briglie troppo strette.  Sai, continuava la lettera, mi fa venire in mente quella poesia che piaceva declamare al nostro prof di latino, ti ricordi, quella di Charles Bukowski:

“L’hai amata, vero?”
Lui sospirò
“Come posso risponderti? Lei era matta”
Sì passò la mano tra i capelli
“Dio se era tutta matta. ogni giorno era una donna diversa
Una volta intraprendente, l’altra impacciata.
Una volta esuberante, l’altra timida. Insicura e decisa.
Dolce e arrogante.
Era mille donne lei, ma il profumo era sempre lo stesso
Inconfondibile.
Era quella la mia unica certezza.
Mi sorrideva sapeva di fregarmi con quel sorriso
Quando sorrideva io non capivo più nulla
Non sapevo più parlare ne pensare
Niente, zero
C’era all’improvviso solo lei
Era matta, tutta matta
A volte piangeva
Dicono che in quel caso le donne vogliono solo un abbraccio
Lei no
Lei si innervosiva
Non so dove si trova adesso ma scommetto che è ancora alla ricerca di sogni
Era matta tutta matta
Ma l’ ho amata da impazzire.


Ecco, lei sembra la musa ispiratrice di questa poesia, quando la vedo la amo da impazzire ma è troppo, troppo complicata, adesso io voglio pensare al lavoro, a farmi strada e lei in tutta sincerità rappresenta un ostacolo, poi vedremo. Chiuse la lettera con le lacrime agli occhi e si congedò dalla casa cercando in ogni modo di non far trapelare i suoi sentimenti.

Da quel momento non cercò più nessun contatto né con Luigi né con la sua famiglia. Si tuffò nello studio,nelle ore libere andava a correre in pineta, al cinema, teatro, fece nuove amicizie grazie a un gruppo di lettura che prese a frequentare con sempre più passione, li incontrò persone con gusti e attitudini simili alle sue e soprattutto conobbe Saverio un giovane psicologo alle prime armi, grande appassionato di teatro e regista in una compagnia amatoriale. A lui apri il suo animo, riferì, anche con dovizia di particolari, le emozioni provate, che spesso non riusciva a controllare, lo smarrimento, il disorientamento vissuti, il sentirsi non più padrona di se, ricevendone un grosso aiuto che la fece ritornare a galla, ferita, convalescente, ma desiderosa di guarire.

Una sera di ritorno da uno spettacolo Saverio l'abbracciò e appoggiò le labbra sulle sue,fu una bella sensazione, di sicurezza, protezione, rifugio, senza scosse adrenaliniche, ne turbamenti sessuali. Iniziò cosi la loro storia che era ancora viva e vegeta, un amore solido, di reciproca comprensione, rispetto, senza grosse scosse e soprattutto da parte sua senza quella passionalità che invece era insita nel suo essere. 

Non aveva segreti con Saverio e dopo un attimo di incertezza le racconto della lettera ricevuta, chiese un suo parere, avrebbe avuto piacere si fosse dimostrato irritato, geloso, in pericolo, ma confermando il suo stile niente di tutto questo. Fai come credi se ti fa piacere rivederlo vai.

Il giorno dopo ebbe una giornata di lavoro molto impegnativa e rimandò la visita in ospedale al sabato. La sera prima di addormentarsi pensò a come si sarebbe vestita per quell'incontro, a quello che avrebbe detto, timorosa di provare ancora qualcosa di inafferrabile, indefinibile nei confronti di quell'uomo che tanto l'aveva fatta soffrire, le veniva alla mente quella vecchia canzone il mio ex, che le aveva fatto compagnia in tante occasioni.

Entrò in ospedale imponendosi autocontrollo e distacco, girò nella corsia senza trovarlo e si decise a  chiedere informazioni a una infermiera che distrattamente le indicò il letto. Si avvicinò esitante con il cuore e le tempie che pulsavano all'impazzata e se lo trovò davanti, l'uomo che vide non somigliava affatto al”suo” Luigi, il tempo trascorso era stato ingeneroso, niente della luminosità di allora, una figura opaca, grigia, lei invece aveva ancora un fascino abbagliante, solo piccole e impercettibili segni intorno agli occhi che tutto sommato le conferivano un'aria ancora più interessante. Cercò con lo sguardo una sedia e si sedette vicino, lui mosse una mano incerta verso la sua, una mano magra e umida che suo malgrado le suscitò ripugnanza.

Un flebile ciao da parte di entrambi, poi silenzio, era difficile riprendere il discorso dopo tanti anni,  evitare le solite banalità, il lavoro, i figli, no si disse non dirò niente di tutto questo, nel gioco delle  parti deve essere lui a fare il primo passo.
E lui lo fece, come se il tempo non fosse trascorso le raccontò dei tanti successi avuti nella vita  professionale, del suo matrimonio, un matrimonio con un'affermata fotografa che le aveva fornito  opportunità di aperture, privilegi, la possibilità di acquisire un bagaglio formativo sufficiente per fare  carriera in un settore che con l'avvento del digitale sembrava ancora più difficoltoso.
Ti ho pensato spesso le disse, a volte ho rimpianto il nostro amore, ma ne avevo paura, avevo voglia di rincontrarti per dirti tutto quello che non ti avevo detto, poi ho lasciato passare ore, giorni, mesi, anni, ma adesso sognavo di riconciliarmi con te. "Temo di aver sbagliato a lasciarti andare, ma l'ho capito troppo tardi."

Lei lo guardò dritto negli occhi, poi con la massima naturalezza le disse: "io troppo tardi ho capito di aver fatto la cosa giusta, ora devo andare, Saverio mi aspetta, ti auguro tanta fortuna e una pronta guarigione.
Strinse la mano e uscì senza dargli modo di replicare, finalmente libera, i fantasmi del passato si erano improvvisamente dissolti.


Laura

Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Il virus dentro di noi

La malinconia pervadeva le sue giornate, scandite dalla cacofonia di quei suoni striduli, ripetitivi e costanti che segnavano il passare delle ore. L'impossibilità di uscire, di potersi ricongiungere con un familiare, di poter assaporare l'odore del mare ed il rumore delle onde le provocava una tale tristezza, un tale senso di malessere da renderla spossata e priva di forze, come se un tram le fosse passato addosso. Le giornate trascorse con la solita interminabile routine, l'ansia per il lavoro dovuta all'accollarsi di responsabilità di cui si faceva carico, ma che non le appartenevano, un compagno assente e poco presente spiritualmente le facevano vedere tutto buio e privo di speranza e positività. Una congiuntura astrale negativa sto vivendo si ripeteva tra sè e sè. Claudia  però sapeva, ne era ben conscia, che tali pensieri erano superflui, melliflui e che le cose e gli eventi che avrebbero dovuto destare la sua preoccupazione erano ben altri, che in casa st...

Buongiorno Amici e benvenuti su questo blog!

Buongiorno Amici e benvenuti su questo blog! Ho sempre desiderato crearne uno, ai tempi di messenger ne possedevo uno poi chissà che fine ha fatto.. In questi giorni di "quarantena", io ho lavorato fino a sabato, abbiamo più tempo per noi stessi e questa settimana essendo in ferie ho deciso di dare vita a questo progetto. Ho proposto più volte anche a mia mamma di crearne uno, per condividere pensieri, recensioni, racconti (lei si diletta molto a scrivere e vi farò leggere ogni tanto alcuni suoi scritti) e per scoprire insieme questo meraviglioso mondo che ci sta attorno. In un periodo così difficile per tutti noi non ci resta che essere positivi, uniti e non farci prendere dall'ansia anche perché, come mi ha detto una volta un "saggio"...Tutto passerà! Buona giornata, A presto!